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Gestione Acque Clorate da Gori S.p.A.: Risposta al CNSBII



Introduzione

Nel contesto della crescente preoccupazione per la qualità dell’acqua e la tutela dell’ambiente naturale, il Corpo Civico Nazionale delle Sentinelle dei Bacini Idrografici Italiani (CNSBII) ha recentemente posto domande significative a Gori S.p.A., un’azienda responsabile della gestione dell’acquedotto che alimenta il Rio Foce, un affluente del fiume Sarno. L’obiettivo era comprendere la gestione delle acque clorate nell’acquedotto e le misure adottate per garantire la qualità dell’acqua nel Rio Foce.

La Richiesta del CNSBII

Nella lettera inviata da Michele Buscé, Coordinatore Nazionale del CNSBII, erano contenute quattro domande chiave:

  1. Processo di Clorazione: Il CNSBII ha chiesto dettagli sul processo di clorazione delle acque nell’acquedotto, inclusi informazioni sulla quantità di cloro utilizzata, il metodo di clorazione e la frequenza di aggiunta del cloro.
  2. Declorazione delle Acque: Si è domandato se venissero adottate misure di declorazione delle acque prima dell’immissione nel Rio Foce.
  3. Concentrazione Massima di Cloro: È stata posta una domanda sulla concentrazione massima di cloro consentita nell’acqua immessa nel Rio Foce in conformità alle normative vigenti.
  4. Monitoraggio della Qualità dell’Acqua: Infine, è stata richiesta informazioni sulla frequenza e sui metodi di monitoraggio della qualità dell’acqua nel Rio Foce.

La Risposta di Gori S.p.A.

In risposta alle domande del CNSBII, Gori S.p.A. ha fornito dettagli importanti sulla gestione delle acque nell’acquedotto e nel Rio Foce. L’azienda ha specificato che le acque non utilizzate per l’accumulo o l’immissione nella rete acquedottistica vengono rilasciate nel Rio Foce senza subire alcun trattamento, mantenendo le stesse caratteristiche della sorgente. Inoltre, la disinfezione dell’acqua prelevata dalla Sorgente di S.M. La Foce avviene mediante l’aggiunta continua di Biossido di Cloro con un dosaggio prestabilito.

Conclusioni

Sulla base delle informazioni fornite da Gori S.p.A., sembra che l’acqua non venga clorata prima dell’immissione nel Rio Foce. Pertanto, le preoccupazioni sulla declorazione delle acque e sulla concentrazione massima di cloro possono essere superate. Tuttavia, il CNSBII continua a vigilare sulla gestione delle acque e sulla qualità dell’ambiente naturale.

Questa interazione mette in evidenza l’importanza della trasparenza e della collaborazione tra organizzazioni ambientali e aziende per garantire la tutela delle risorse idriche e dell’ecosistema circostante. La ricerca di ulteriori informazioni e la comunicazione aperta rimangono fondamentali per il raggiungimento di un ambiente sano e sostenibile.




In agosto i Sindaci contro l’inquinamento del Fiume Sarno



Emergenza inquinamento nel territorio di Scafati: Una richiesta di coordinamento alle istituzioni locali

Scafati, 9 Agosto 2023 – L’allarme inquinamento nel territorio di Scafati suona sempre più forte. Pasquale Aliberti, sindaco di Scafati, ha sollevato seri dubbi sulla situazione delle esalazioni malsane provenienti dal fiume Sarno e dai suoi affluenti, che stanno mettendo a repentaglio la salute dei cittadini e l’equilibrio ambientale. “Ogni anno, con l’arrivo dell’estate, molte zone del nostro territorio subiscono le esalazioni provenienti dal Fiume Sarno e dai suoi canali – spiega Aliberti – I nostri concittadini sono costretti a rinchiudersi in casa e in alcuni casi addirittura a ricorrere alle cure ospedaliere. Questa emergenza sanitaria richiede un’azione coordinata e preventiva da parte di tutti gli attori coinvolti.”

Il sindaco ha invocato la creazione di una cabina di regia permanente presso la Prefettura di Salerno per coordinare le azioni dei vari enti preposti al controllo ambientale. Aliberti ha indicato la necessità di coinvolgere Organismi di Polizia Giudiziaria, Enti Locali, il Consorzio di Bonifica Integrale e altre organizzazioni, al fine di adottare strategie efficaci per affrontare il problema e limitare le ripercussioni sulla salute pubblica.

Questo appello per un coordinamento istituzionale mira a creare un approccio unitario per risolvere l’emergenza, attraverso una programmazione condivisa che possa prevenire o almeno ridurre significativamente le esalazioni dannose. Il coinvolgimento di tutte le parti interessate è essenziale per affrontare questa sfida complessa e proteggere la salute dei cittadini.

Inquinamento del canale Fosso Imperatore a San Valentino Torio: Una lotta congiunta per la tutela dell’ambiente

San Valentino Torio, 11 Agosto 2023 – Nel tentativo di contrastare l’inquinamento del Canale Fosso Imperatore, il Comune di San Valentino Torio ha condotto un sopralluogo congiunto con il Consorzio di Bonifica e i Carabinieri locali. Il sindaco Michele Strianese, insieme all’Assessore all’Ambiente Pasqualina Garofalo e ad altre autorità, ha ispezionato il Canale Fosso Imperatore, testimoniando direttamente la situazione critica.

L’inquinamento del canale rappresenta una minaccia diretta per l’ecosistema circostante e la salute pubblica dei residenti. Nel corso dell’ispezione, sono state raccolte prove visive e campioni d’acqua che attestano la gravità del problema. Il coinvolgimento delle forze dell’ordine e delle autorità locali dimostra un impegno concreto per affrontare l’emergenza ambientale.

Il sindaco Strianese ha lanciato un appello agli industriali responsabili degli scarichi nel canale, esortandoli a rispettare rigorosamente le leggi ambientali e a considerare l’ambiente e la salute pubblica come priorità assolute. Questo sforzo congiunto per indagare sull’inquinamento e intraprendere azioni correttive è un passo significativo verso la salvaguardia dell’ecosistema locale e il benessere dei cittadini.

Controllo dell’inquinamento nel Canale Fosso Imperatore a Nocera Inferiore: Una lotta continua per la qualità dell’acqua

Nocera Inferiore, 11 Agosto 2023 – Le autorità locali di Nocera Inferiore hanno intensificato gli sforzi per affrontare l’inquinamento nel Canale Fosso Imperatore. In attesa del completamento dei lavori di rete fognaria e di altre misure preventive, la Polizia Locale e l’Ufficio Ambiente del Comune hanno eseguito prelievi di campioni d’acqua dagli scarichi industriali. Questa azione è finalizzata a comprendere appieno l’entità dell’inquinamento durante un periodo di intensa attività produttiva.

Questi sforzi dimostrano un impegno continuo nel monitorare e affrontare l’inquinamento idrico. La raccolta e l’analisi dei campioni d’acqua aiuteranno a identificare le fonti di inquinamento e a implementare misure adeguate per proteggere la qualità dell’acqua e l’ambiente circostante.

Progressi nel risanamento del fiume Sarno: Una speranza per l’ecosistema fluviale

Nocera Inferiore, 10 Agosto 2023La chiusura dello scarico di via Dentice D’Accadia a Nocera Inferiore nel torrente Solofrana. Nuovi passi avanti nel risanamento del bacino idrografico del fiume Sarno sono stati compiuti grazie all’azione di Gori, l’azienda responsabile dei lavori di completamento della rete fognaria. Lo scarico diretto nel torrente Solofrana è stato chiuso, rappresentando un importante passo in avanti nel processo di depurazione del fiume.

Questa iniziativa fa parte di un piano più ampio denominato “Energie per il Sarno“, che mira a ridurre l’inquinamento del fiume attraverso una serie di interventi mirati. Il piano prevede la chiusura di numerosi scarichi inquinanti entro il 2025 e l’estensione dei servizi di fognatura e depurazione a un vasto numero di abitanti.

L’impegno di Gori e delle autorità locali nell’affrontare l’inquinamento del fiume Sarno rappresenta un passo importante verso il ripristino dell’ecosistema fluviale e la tutela della salute pubblica. Il coinvolgimento attivo delle istituzioni e la trasparenza nei progressi compiuti sono elementi chiave per affrontare con successo le sfide ambientali.




Alluvioni a Nola: un viaggio storico tra devastazioni e rinascita attraverso le bonifiche



Introduzione di Michele Buscè
In questo affascinante articolo, Alfredo Franco ripubblica un estratto dell’opera “Nola” del letterato nolano Ambrogio Leone, in cui si racconta la storia della città e la sua lotta contro le devastanti alluvioni che la perseguitarono nel XV secolo. Con uno sguardo attento alla necessità di preservare i suoli e garantire un deflusso sicuro delle acque montanee, Leone ci invita a riflettere sulla forza distruttiva delle inondazioni e sulle soluzioni adottate per contrastarle. Tra le pagine di storia, scopriremo gli sforzi di bonifica intrapresi dalla Corona e dalla comunità locale, che portarono a una riconquista della terra e alla rinascita dell’agricoltura nella piana del Clanio. Un viaggio nel passato che ci mostra come la determinazione umana possa trasformare una calamità in una nuova opportunità di crescita e prosperità.



Le alluvioni a Nola: uno sguardo storico sulle calamità naturali

Sulle pagine del CNSBII si è già affrontato in modo sistematico l’impatto delle alluvioni nell’arco appenninico e subappenninico. L’invito a dare un contributo in merito, partendo da una prospettiva storica, mi dà modo di ripubblicare, rimaneggiato, uno stralcio specifico tratto da una opera più ampia (si veda in bibliografia “Studi Storici Sarnesi 3”).

Il letterato nolano Ambrogio Leone, medico e filosofo, membro dell’Accademia Aldina di Venezia, ormai lontano dalla patria nel primo decennio del Cinquecento stendeva la sua opera Nola. In essa ripercorreva la storia della sua città e anche la sua particolarissima storia naturale. Il sito infatti è stato sempre esposto alle colate di fango che provenivano dalle vicine montagne avellane e, per l’autore rinascimentale, era di fondamentale importanza che gli alvei si mantenessero sgombri dalle terre o altri ostacoli al decorso delle acque, essendo stato sia testimone diretto sia raccoglitore di memorie molto più antiche relative alla forza dirompente dell’alluvione.

I due grossi eventi alluvionali ricordati da Leone colpirono la città campana tra gli anni Venti e Trenta del XV secolo e nel mese di marzo del 1504. Quest’ultimo fu tale da imprimere nella coscienza cittadina un profondo senso di inquietudine se almeno due epigrafi lo ricordarono ammonendo i posteri. Ci resta questa cronaca dettagliata di Notargiacomo:

«Del mese de frebaro dicti anni 1504. sparò una boccha d’acqua sopra la Cità de Nola dove che annegò de multi terreni de Nola, sì anco erano quasi pieni li fossi, puzi et sepulture de Nola; et de dicta acqua se nne beveano et facevano el pane adeo che in li fossi et terreni si ’nce crearo multa quantità de pissi et per dicte cause ’nde morero da sey milia persune; la quale acqua correva dove ne cascaro doy case de Nola»

Alluvioni a Nola: un viaggio storico tra devastazioni e rinascita attraverso le bonifiche
Schematizzazione della conca in cui ricade l’Agro nolano dall’opera Nola di Ambrogio Leone (1514)

Ambedue i testi indugiano sulla necessità di avere accortezza nel far defluire le acque montanee a tutela dei suoli, ricordando come la frana colpì la città entrando da Porta Vicanziana e lasciando dietro di sé una grande quantità di danni. Nell’estate seguente una letale epidemia ridusse la popolazione tanto che fu abbandonata ogni attività e gli abitanti, temendo il contagio, trovarono rifugio o nelle campagne circostanti o sulla collina di Cicala.

I sacerdoti annotarono a meno di un lustro di distanza dall’evento che la zona devastata si estendeva per oltre 500 passi verso il Vesuvio e che perirono circa 8000 persone. La stima della mortalità comprende anche i casali dei dintorni. E anche nella cronachistica cittadina si rinnova l’ammonimento al Lettore mettendolo in guardia dalla calamità: «Quindi salva te stesso e i tuoi cari»!

Per arginare lo sfollamento e contrastare la carestia il capitano attivò altri due mulini. Si cercava di evitare che ulteriori condizioni di contagio potessero propagarsi e di riportare la popolazione all’interno della città. Questo non fu il solo atto concreto da parte della Corona a favore dei nolani: il re Cattolico infatti nel 1507 rinnovò alla città e ai singoli cittadini tutti i privilegi commerciali già concessi dai re Aragonesi ed ulteriori sgravi furono concessi.

Bonifiche e risanamento ambientale: la lotta contro le inondazioni nella storia di Nola

In effetti lo strumento dello sgravio fiscale era l’unico e più immediato mezzo di sussidio nelle mani del re a favore delle popolazioni disagiate, essendo impensabili per la gravità dei tempi nuovi lavori di risistemazione degli alvei attorno alla città. Questa manutenzione fu in gran parte proseguita dai privati e, solo a fine secolo, condotta in modo concreto e sistematico non soltanto in prossimità delle mura nolane ma in tutta la piana del Clanio. Il progetto di risanamento ambientale dell’area, attuato in varie riprese tra il 1539 ed il 1561, subì diverse battute d’arresto a causa della scarsità di mezzi a disposizione.

Dopo oltre un trentennio i lavori furono riavviati con più metodo dal viceré Pedro Fernandez de Castro, conte di Lemos, che diede incarico all’architetto Domenico Fontana il quale vi operò ininterrottamente dal 1592 al 1604. I lavori di riconquista all’ agricoltura e all’insediamento stabile della grande fascia di territorio tra Nola e il Lago Patria fu condotta stavolta con decisione e con un programma organico di sovvenzionamenti. Non si trattò di una semplice ripulitura e di un mantenimento dell’alveo nella sua sede naturale, ma di una vera e propria opera di ricanalizzazione del percorso fluviale da sinuoso a rettilineo. Non fu però questo il solo accorgimento del direttore dell’opera di bonifica, perché lungo tutto il tracciato fu praticato uno scavo a sezione obbligata ben più profondo rispetto a quello naturale (8 palmi circa 2 m rispetto ai 5 palmi circa 1,25 m precedenti). Accanto a questo canale principale furono previsti altri canali alveolari il cui scopo era quello di impedire che i flutti del Clanio trovando la foce presso il Lago Patria ostruita dalle reti e dalle nasse dei pescatori potessero tornare indietro ed impaludare nuovamente tutta l’area. Questi due canali originavano rispettivamente dalla Gorgone e dall’area a nord di Acerra, congiungendosi poi al corso principale dove il fiume aveva una portata maggiore ed un letto idoneo a riceverne l’apporto. La riuscita del progetto fu dovuta al fatto di aver privato di forza la corrente a monte di Acerra e di aver impiegato squadre specializzate di manovali campani. Il figlio di Domenico Fontana, Giulio Cesare, completò il progetto paterno con successo.

Una prammatica del 1615, allo scopo di mantenere duraturi i brillanti risultati raggiunti, vietò l’industria della canapa e del lino nel fiume, inaugurando così una lunga stagione secentesca di manutenzioni ordinarie e straordinarie che si esaurì a metà del XVIII secolo, quando ormai l’intera pianura era stata completamente riconquistata.

Alluvioni a Nola: un viaggio storico tra devastazioni e rinascita attraverso le bonifiche
Veduta dell’opera dei regi Lagni (A. Baratta, Campaniae Felicis Typus, in G. Barrionuevo, Panegyricus Ill.mo et Ex.mo D.no Petro Fernandez a Castro etc., Neapoli 1616).

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Elena Amendola, Il disordine climatico-ambientale dell’Anno 1779
Giuseppe Fiengo, I Regi Lagni e la bonifica della Campania felix durante il viceregno spagnolo, Firenze 1988.

Ambrogio Leone, Nola, a cura di Ruggiero A., Napoli 1997.
Cronica di Napoli di Notar Giacomo, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845.
Giuseppe Martini, Nola nel secondo Quattrocento, in Algorismus nolanus, Milano 1972
Alfredo Franco, Regime delle acque e organizzazione del territorio nell’Italia medievale (“Studi Storici Sarnesi 3”), Torre del Greco 2021.

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Contratti di Fiume per il Fiume Sarno: Il CNSBII Chiede Maggiore Coinvolgimento



Verso una Gestione Sostenibile delle Risorse Idriche: Il Ruolo dei Contratti di Fiume nel Bacino Idrografico del Fiume Sarno. Parte il comitato promotore.

L’Organizzazione di Volontariato “Nuove Prospettive” e il gruppo ambientale “Corpo Civico Nazionale delle Sentinelle dei Bacini Idrografici Italiani (CNSBII)” hanno scritto una lettera all’Ufficio UOD Tutela delle Acque – Contratti di Fiume della Regione Campania, richiedendo informazioni sull’attuazione dei Contratti di Fiume nel Bacino Idrografico del Fiume Sarno. Il focus principale è il coinvolgimento della società civile, con la proposta di creare un Comitato Promotore di origine civica per favorire una gestione sostenibile delle risorse idriche. La lettera solleva anche le sfide nella realizzazione dei Contratti di Fiume e l’importanza della collaborazione tra gli enti coinvolti per garantire una gestione responsabile delle acque.

Contratti di fiume. Nella continua lotta per preservare e tutelare le risorse idriche, il Fiume Sarno, situato nella regione Campania, assume un ruolo di particolare rilievo. La sua tutela e valorizzazione richiedono uno sforzo congiunto di istituzioni, enti privati e, soprattutto, della società civile. In questo contesto, i Contratti di Fiume si delineano come una soluzione fondamentale per una gestione sostenibile e partecipativa delle acque fluviali.

Recentemente, l’Organizzazione di Volontariato “Nuove Prospettive” e il gruppo ambientale “Corpo Civico Nazionale delle Sentinelle dei Bacini Idrografici Italiani (CNSBII)” hanno deciso di fare sentire la propria voce, rivolgendo una lettera all’Ufficio UOD Tutela delle acque – Contratti di fiume della Regione Campania. L’iniziativa mira a richiedere informazioni dettagliate sull’attuazione dei Contratti di Fiume nel territorio regionale, con particolare attenzione al Fiume Sarno.

Coinvolgimento della Società Civile: Il Cuore dei Contratti di Fiume

Entrambi gli enti si pongono come portavoce della società civile, riconoscendo l’importanza cruciale del coinvolgimento attivo dei cittadini e delle organizzazioni locali nella gestione delle risorse idriche. Per questo motivo, stanno promuovendo la creazione di un Comitato Promotore di origine civica, che fungerebbe da forum democratico per esprimere le voci e le esigenze delle persone che vivono e lavorano nelle vicinanze del Fiume Sarno.

Il coinvolgimento della società civile rappresenta un tassello fondamentale nella costruzione di una gestione consapevole e inclusiva delle risorse idriche. Attraverso un dialogo costruttivo tra tutti gli attori coinvolti, si possono individuare soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide legate alla tutela e valorizzazione del fiume.

Sfide e Opportunità: Verso una Gestione Sostenibile del Fiume Sarno

Tuttavia, come evidenziato nella lettera, la regione Campania ha finora affrontato delle difficoltà nell’attuazione dei Contratti di Fiume. Queste sfide devono essere superate attraverso una stretta collaborazione tra l’Ufficio UOD Tutela delle acque – Contratti di fiume e l’Osservatorio Regionale dei Contratti di Fiume. Solo con un monitoraggio costante e una condivisione di informazioni efficace sarà possibile garantire una gestione adeguata e sostenibile delle risorse idriche nel Bacino Idrografico del Fiume Sarno.

La creazione del Comitato Promotore di origine civica rappresenterebbe un passo avanti significativo verso una gestione sostenibile delle acque. L’impegno dell’Organizzazione di Volontariato “Nuove Prospettive” e del gruppo ambientale “CNSBII” dimostra quanto sia vitale il coinvolgimento della società civile nella preservazione del nostro patrimonio idrico.

La richiesta di informazioni avanzata nella lettera riveste un’importanza fondamentale. Riguarda aspetti quali lo stato attuale dei Contratti di Fiume nel territorio, i progetti avviati e i futuri piani per la promozione di nuovi Contratti, i dati e report sull’andamento delle attività svolte e le risorse economiche dedicate a questa importante iniziativa.

L’articolo vuole essere un invito alla consapevolezza e alla partecipazione attiva di tutti i cittadini e delle organizzazioni nella gestione sostenibile delle risorse idriche del Fiume Sarno. Solo con uno sforzo collettivo potremo garantire un futuro migliore per questa preziosa risorsa e per le generazioni a venire. La voce della società civile ha il potere di fare la differenza e plasmare un ambiente più sano e sostenibile per tutti.




Emergenza caldo trascurata: Il problema ignorato dai comuni italiani



Emergenza caldo trascurata. Quando si parla di emergenze meteo, i comuni italiani sembrano mobilitarsi prontamente di fronte a fenomeni come pioggia, neve, freddo, gelo o vento. Tuttavia, c’è un problema critico che spesso viene trascurato e che merita attenzione: l’emergenza caldo. Nonostante le allerte emesse durante le ondate di caldo estivo, spesso le azioni concrete di prevenzione e gestione dell’emergenza sono insufficienti o addirittura assenti. In questo articolo, vorrei sottolineare questa mancanza e suggerire alcune soluzioni e proposte per affrontare con serietà questa situazione critica.

Le ondate di caldo estremo rappresentano una minaccia crescente per la salute e la sicurezza dei cittadini italiani. Il cambiamento climatico sta contribuendo all’aumento delle temperature e delle ondate di calore sempre più intense. Queste situazioni mettono a rischio soprattutto i gruppi vulnerabili, come gli anziani, i bambini, le persone con problemi di salute e coloro che vivono in condizioni precarie. Nonostante le sfide evidenti, l’emergenza caldo spesso viene considerata una priorità minore rispetto ad altre situazioni meteorologiche.

Emergenza caldo trascurata. Una delle cause principali di questa trascuratezza è la mancanza di piani d’emergenza specifici per il caldo estremo. I comuni devono sviluppare e attuare piani dettagliati, con azioni preventive ben strutturate e procedure tempestive per affrontare le ondate di caldo. Dovrebbero essere istituiti punti di ristoro pubblici, come centri comunitari o aree refrigerate, in modo che i cittadini possano trovare un rifugio dal caldo e dall’afa. Distribuire kit di protezione contenenti acqua, ventilatori portatili, cappelli da sole e creme solari a persone vulnerabili, come gli anziani o chi vive in condizioni precarie, potrebbe fornire un sostegno immediato.

La comunicazione è un altro aspetto critico che richiede miglioramenti significativi. I comuni dovrebbero investire di più nella diffusione di informazioni chiare e tempestive sui rischi del caldo estremo e sulle misure preventive da adottare. Campagne informative, eventi di sensibilizzazione e workshop dedicati alla preparazione per l’emergenza caldo potrebbero essere organizzati per coinvolgere attivamente la popolazione.

Alcune aree in Italia sono particolarmente esposte al caldo estremo, come le valli a livello del mare e le zone urbanizzate. In queste zone, l’impatto del caldo estivo può essere amplificato dall’effetto isola di calore, causato dall’eccessiva presenza di asfalto e cemento, che assorbe e trattiene il calore. Queste aree necessitano di una particolare attenzione e di azioni preventive mirate per garantire la sicurezza dei cittadini.

D’altro canto, alcune aree possono essere individuate come punti di rifugio durante le ondate di caldo. Sono spazi pubblici refrigerati, come centri commerciali, biblioteche o parchi ombreggiati, che possono fornire un’alternativa di protezione e refrigerio per i cittadini durante i momenti più critici.

Per affrontare con serietà l’emergenza caldo, è fondamentale coinvolgere diverse figure professionali. Assessori o responsabili delle politiche ambientali e di emergenza possono coordinare le azioni e sviluppare piani specifici. Operatori di protezione civile e medici possono garantire una risposta tempestiva e assistenza medica. Gli operatori di servizi sociali possono individuare e assistere le persone vulnerabili. Meteorologi e esperti di climatologia possono fornire previsioni e dati utili per la preparazione.

In conclusione, l’emergenza caldo è un problema serio e crescente che richiede un approccio serio e responsabile da parte dei comuni italiani. Solo con piani d’emergenza adeguati, una comunicazione efficace e il coinvolgimento di figure professionali competenti possiamo proteggere la salute e il benessere dei cittadini durante le ondate di caldo estivo. Ignorare o trascurare questa emergenza potrebbe avere conseguenze gravi, ma con il giusto approccio e la giusta preparazione possiamo fare la differenza nella salvaguardia della nostra comunità.

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Campagna AIB 2023: segnalazione di incendi boschivi



Campagna AIB 2023. La Regione Campania ha lanciato una campagna di sensibilizzazione per la segnalazione di incendi boschivi. La campagna è rivolta a tutti i cittadini, che possono segnalare eventuali situazioni di pericolo chiamando uno dei numeri di emergenza disponibili:

  • Numero verde della Regione: 800-449911
  • Corpo Forestale dello Stato: 1515
  • Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco: 115
  • Protezione Civile Regionale: 800-232525

Chiamando uno di questi numeri, i cittadini possono fornire informazioni utili alle autorità per intervenire tempestivamente e prevenire la diffusione degli incendi.

La campagna AIB 2023 è un’importante iniziativa per la sicurezza dei boschi della Campania. I cittadini possono contribuire alla protezione dell’ambiente e della salute pubblica segnalando eventuali situazioni di pericolo.

Ecco alcuni consigli per prevenire gli incendi boschivi:

  • Non abbandonare rifiuti nei boschi.
  • Non accendere fuochi senza adottare le dovute precauzioni.
  • Non fare barbecue in prossimità di vegetazione.
  • Non usare fuochi d’artificio nei boschi.
  • Segnalare tempestivamente alle autorità eventuali situazioni di pericolo.

Insieme possiamo proteggere i nostri boschi!


La Regione Campania lancia una campagna di sensibilizzazione per la segnalazione di incendi boschivi.

Gli incendi boschivi sono un grave problema che può causare danni significativi all’ambiente, alla salute pubblica e all’economia. Ogni anno, gli incendi boschivi provocano la morte di persone, animali e piante, la distruzione di edifici e infrastrutture, e il rilascio di sostanze inquinanti nell’atmosfera.

La segnalazione di incendi boschivi è uno strumento importante per prevenirne la diffusione e limitare i danni. Quando si vede un incendio boschivo, è importante chiamare immediatamente le autorità competenti. Il numero di emergenza per gli incendi boschivi in Italia è il 1515.

Chiamando il 1515, si possono fornire informazioni utili alle autorità per intervenire tempestivamente e prevenire la diffusione degli incendi. Le informazioni che si possono fornire includono la posizione dell’incendio, la sua dimensione, la direzione del vento, e la presenza di persone o animali in pericolo.

La segnalazione di incendi boschivi è un dovere civico. Tutti hanno il diritto di vivere in un ambiente sicuro e sano, e tutti possono contribuire a prevenire gli incendi boschivi segnalandoli tempestivamente.

Ecco alcuni consigli per segnalare un incendio boschivo:

  • Chiamare il numero di emergenza 1515.
  • Fornire la posizione dell’incendio il più precisamente possibile.
  • Descrivere la dimensione dell’incendio e la direzione del vento.
  • Se possibile, segnalare la presenza di persone o animali in pericolo.

Segnalando gli incendi boschivi, si può contribuire a proteggere l’ambiente, la salute pubblica e l’economia




“Consorzio responsabile pulizia aste”. Tribunale conferma ordinanza sindacale.



Consorzio responsabile pulizia aste fluviali.”

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, ha emesso una sentenza confermando la legittimità dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente emessa dal Sindaco del Comune di Nocera Inferiore.

Nella sentenza, il Tribunale ha respinto il ricorso presentato dalla Regione Campania, che chiedeva l’annullamento dell’ordinanza. La Regione sosteneva che mancassero i presupposti normativi per l’emissione di un provvedimento contingibile e urgente, poiché la situazione di pericolo era già nota all’Ente comunale.

Il Tribunale ha dichiarato che l’ordinanza sindacale è legittima e che i presupposti per la sua emissione sono soddisfatti. Secondo il Tribunale, l’ordinanza è finalizzata a prevenire gravi conseguenze per la sicurezza e la salute pubblica, e le misure ordinate sono necessarie per garantire l’integrità degli alvei torrentizi e ridurre la presenza di insetti e animali nocivi.

In base alla sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, l’ordinanza sindacale contingibile e urgente richiede al Consorzio di Bonifica Integrale Comprensorio Sarno di effettuare interventi di pulizia, diserbo e rimozione dei rifiuti presenti sulle aste torrentizie attraversanti il territorio comunale di Nocera Inferiore. Pertanto, spetta al Consorzio di Bonifica Integrale la responsabilità di rimuovere i rifiuti dai corsi d’acqua interessati.

TAR CAMPANIA

La sentenza del Tribunale si basa anche sul fatto che sia la Regione Campania che il Consorzio di Bonifica Integrale sono competenti per eseguire gli interventi richiesti sull’aste torrentizie. Entrambi gli enti hanno la responsabilità della manutenzione dei torrenti, considerati sia corsi d’acqua che infrastrutture di bonifica. La sentenza precisa che la ripartizione dei costi degli interventi sarà stabilita nella sede di merito.

Nonostante l’assenza di un approfondimento dettagliato dei presupposti per l’emissione dell’ordinanza contingibile e urgente nella sentenza, il Tribunale ha ritenuto che l’ordinanza fosse giustificata e legittima nel caso specifico.

Questa sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania fornisce un importante orientamento per le autorità amministrative locali, delineando i criteri e i limiti per l’emissione di ordinanze contingibili e urgenti. Sottolinea l’importanza di affrontare tempestivamente situazioni di pericolo imminente che richiedono interventi rapidi al di fuori dei poteri ordinari dell’amministrazione per garantire la sicurezza e l’incolumità pubblica.

In conclusione, il Tribunale ha confermato la legittimità dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente, riconoscendo la necessità di adottare misure immediate per preservare la sicurezza e la salute pubblica.

Ripercussioni politiche: Tensioni possibili all’interno dell’Ente Consorzio di Bonifica e della Regione Campania.

È possibile che ci siano ripercussioni a livello politico all’interno dell’Ente Consorzio di Bonifica e della Regione Campania a seguito di questa sentenza. Tuttavia, è importante notare che le ripercussioni dipenderanno da vari fattori, tra cui la reazione e l’interpretazione delle parti coinvolte.

Nel caso dell’Ente Consorzio di Bonifica, potrebbero verificarsi tensioni o discussioni interne riguardo alla ripartizione dei costi degli interventi richiesti dall’ordinanza. Se i costi ricadono principalmente sul Consorzio, potrebbe esserci una reazione negativa da parte di alcuni membri dell’Ente, soprattutto se ritengono che la responsabilità debba essere condivisa in modo più equo.

Per quanto riguarda la Regione Campania, potrebbe esserci un dibattito politico sulle azioni intraprese dalla Regione stessa e sul ricorso presentato. Alcuni potrebbero criticare la decisione di avviare un ricorso legale contro l’ordinanza, ritenendo che ciò abbia comportato una perdita di tempo e risorse. Al contrario, altri potrebbero difendere la decisione della Regione, sostenendo che fosse importante valutare la legittimità dell’ordinanza e proteggere i propri interessi.

Le conseguenze politiche dipenderanno anche dal contesto politico più ampio e dalle dinamiche tra i diversi attori coinvolti. Potrebbe esserci un impatto sulle relazioni tra la Regione Campania e l’Ente Consorzio di Bonifica, e potrebbero emergere tensioni o discussioni sulle competenze e le responsabilità delle due istituzioni.

Un’analisi equilibrata della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sull’ordinanza contingibile e urgente.

La sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale della Campania riguardo all’ordinanza sindacale contingibile e urgente emessa dal Sindaco del Comune di Nocera Inferiore ha suscitato un dibattito ed ha sollevato alcune considerazioni critiche ed equilibrate. Vediamo insieme gli aspetti chiave di questa sentenza e le riflessioni che essa può generare.

Conferma della legittimità dell’ordinanza: Il Tribunale ha confermato la legittimità dell’ordinanza, riconoscendo l’importanza di adottare misure immediate per garantire la sicurezza pubblica e la salute dei cittadini. Questa decisione rafforza il ruolo dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente come strumento di gestione delle situazioni di pericolo imminente.

Lacune nei presupposti dell’ordinanza: Tuttavia, la sentenza solleva un punto di critica riguardo alla mancanza di dettagli specifici sui presupposti che giustificano l’emissione di un’ordinanza contingibile e urgente. Questa mancanza di chiarezza può generare interpretazioni diverse e creare incertezza riguardo ai requisiti esatti per adottare un provvedimento di questo tipo.

Valutazione della situazione di pericolo preesistente: Un altro aspetto oggetto di discussione riguarda la presenza di una situazione di pericolo preesistente, nota all’Ente comunale. Mentre il Tribunale ha respinto l’argomentazione della Regione Campania riguardo alla conoscenza pregressa del pericolo, è importante considerare se il livello di pericolo fosse tale da giustificare un’ordinanza contingibile e urgente anziché interventi ordinari di manutenzione e prevenzione. Una maggiore chiarezza su questo punto avrebbe contribuito a una migliore comprensione delle motivazioni alla base della sentenza.

Ripartizione dei costi degli interventi: Infine, la questione della ripartizione dei costi degli interventi tra la Regione Campania e il Consorzio di Bonifica Integrale è un aspetto che potrebbe generare controversie e ritardi nell’attuazione delle misure necessarie. È fondamentale garantire una chiara definizione delle responsabilità finanziarie per evitare possibili conflitti e garantire una gestione efficiente delle risorse.

In conclusione, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sull’ordinanza contingibile e urgente offre una conferma della sua legittimità e riconosce l’importanza di adottare misure immediate per preservare la sicurezza pubblica. Tuttavia, le lacune nei presupposti, la valutazione della situazione di pericolo preesistente e la questione della ripartizione dei costi sollevano considerazioni critiche che invitano a una riflessione più approfondita su questi aspetti. Un’analisi equilibrata di questa sentenza garantisce una migliore comprensione dei limiti e dei punti di forza dell’ordinamento giuridico e delle azioni delle autorità amministrative. Invitiamo tutti a considerare questi aspetti nel contesto più ampio del dibattito e a promuovere una discussione costruttiva sulla gestione delle situazioni di pericolo imminente e sulla tutela della sicurezza pubblica.




Forestare la Valle del Sarno, ripristino dell’ecosistema naturale.



Forestare la Valle del Sarno. Forestare una valle urbanizzata può essere una sfida, ma ci sono alcune tecniche e strategie che possono essere utilizzate per raggiungere l’obiettivo.

Prima di tutto, è necessario considerare l’adattabilità delle specie vegetali alle condizioni climatiche e del terreno della zona. Si devono scegliere le specie giuste che possono prosperare nella zona urbanizzata, anche in presenza di inquinamento atmosferico o del suolo.

In secondo luogo, si può prevedere la creazione di “isole verdi” o corridoi di alberi. Questo permette di creare un ambiente naturale che può fungere da riparo per la fauna selvatica e che può essere utilizzato anche come spazio di svago per i residenti.

Inoltre, si possono programmare attività di piantagione di alberi su larga scala, soprattutto in spazi pubblici come parchi, giardini o lungo le strade. Questo può aumentare notevolmente la quantità di biomassa presente nella zona e migliorare la qualità dell’aria oltre a creare un ambiente più piacevole ed accogliente.

Infine, è importante coinvolgere attivamente la comunità locale, in modo da promuovere un senso di appartenenza e responsabilità nei confronti dell’ambiente. La partecipazione di volontari, scuole e aziende può contribuire a rendere la forestazione più efficace e duratura.

La Forestazione della Valle del Sarno è un modo per salvaguardare il Fiume Sarno e dei suoi affluenti.

Obiettivo del progetto:

L’obiettivo del progetto è quello di avviare un’iniziativa di forestazione nella Valle del Sarno al fine di ripristinare l’antico ecosistema forestale e migliorare la qualità ambientale della regione. Attraverso la creazione di corridoi e isole di alberature autoctone e alloctone, si mira a ridurre le temperature, favorire la fitodepurazione del terreno, promuovere la formazione di nuovi ecosistemi naturali, aumentare l’umidità del suolo e favorire il ritorno di specie animali selvatiche.

Descrizione del progetto:

  1. Studio preliminare: Condurre uno studio scientifico dettagliato sulla Valle del Sarno, analizzando gli aspetti geologici, morfologici e tecnici del territorio. Questo studio servirà da base per la progettazione dell’iniziativa di forestazione.
  2. Identificazione delle aree: Individuare specifiche aree nella Valle del Sarno adatte alla forestazione. Queste aree dovrebbero essere incolte o abbandonate, e preferibilmente di proprietà di soggetti disposti a partecipare al progetto.
  3. Progettazione e pianificazione: Elaborare un piano dettagliato per la forestazione, considerando la scelta delle specie arboree autoctone e alloctone da utilizzare, il posizionamento dei corridoi e delle isole di alberature, nonché la gestione delle aree destinate alla selvicoltura.
  4. Coinvolgimento degli stakeholder: Coinvolgere attivamente i proprietari dei terreni, le comunità locali, le organizzazioni ambientaliste e le autorità competenti nella pianificazione e implementazione del progetto. Organizzare incontri, workshop e sessioni informative per promuovere la consapevolezza e il sostegno all’iniziativa.
  5. Avvio della forestazione: Avviare la fase di forestazione, che prevede la piantumazione delle specie arboree selezionate lungo i corridoi e nelle isole identificate. Assicurarsi che vengano seguite pratiche di piantumazione appropriate per garantire la crescita e la sopravvivenza delle piante.
  6. Monitoraggio e valutazione: Stabilire un sistema di monitoraggio regolare per valutare l’andamento del progetto. Monitorare la crescita delle piante, l’evoluzione degli ecosistemi, i cambiamenti nella qualità del suolo e la presenza di specie animali. Utilizzare i dati raccolti per apportare eventuali aggiustamenti e migliorare le pratiche di gestione.
  7. Sensibilizzazione e divulgazione: Promuovere la consapevolezza ambientale e la comprensione dell’importanza della forestazione attraverso campagne di sensibilizzazione, attività educative, produzione di materiale divulgativo e coinvolgimento dei media. Coinvolgere le scuole, le università e il pubblico generale per creare un senso di responsabilità condivisa verso la protezione dell’ambiente.
  8. Espansione e replicabilità: Valutare la fattibilità di estendere l’iniziativa di forestazione ad altre aree della Valle del Sarno e ad altri bacini idrografici. Documentare le migliori pratiche e le lezioni apprese durante l’implementazione del progetto, in modo da facilitare la replicazione in altre regioni.

  1. Monitoraggio a lungo termine: Assicurarsi che venga istituito un sistema di monitoraggio a lungo termine per valutare l’efficacia dell’iniziativa di forestazione nel ripristino dell’ecosistema originario della Valle del Sarno. Continuare a coinvolgere la comunità locale e gli stakeholder per garantire la gestione sostenibile delle aree forestali create.

Conclusioni:
Attraverso l’iniziativa di forestazione della Valle del Sarno, si mira a ripristinare l’originario ecosistema forestale, migliorare la qualità ambientale e promuovere la biodiversità nella regione. La partecipazione attiva degli stakeholder locali e il coinvolgimento del pubblico generale saranno fondamentali per il successo del progetto. L’iniziativa potrebbe rappresentare un modello per altre aree geografiche che desiderano affrontare sfide ambientali simili e contribuire alla conservazione dell’ecosistema.

Benefici economici derivanti dal Progetto.

Il progetto di forestazione della Valle del Sarno potrebbe creare opportunità economiche attraverso la pratica della selvicoltura. La selvicoltura è la gestione e la coltivazione delle foreste per ottenere benefici sia ambientali che economici. Ecco alcuni modi in cui questo progetto potrebbe generare economia:

  1. Produzione di legname: La forestazione prevede la piantumazione di alberi autoctoni e alloctoni. Nel corso degli anni, gli alberi raggiungono la maturità e possono essere utilizzati per la produzione di legname. La vendita del legname può rappresentare una fonte di reddito per il progetto.
  2. Valorizzazione dei prodotti forestali non legnosi: Oltre al legname, le foreste offrono una vasta gamma di prodotti non legnosi, come frutta, funghi, miele, erbe medicinali, resine e altri prodotti forestali. La gestione oculata delle risorse forestali può permettere la loro valorizzazione economica attraverso la raccolta, la trasformazione e la commercializzazione.
  3. Turismo ecologico: La creazione di un ecosistema forestale ricco e diversificato può attrarre turisti interessati alla natura e alle attività all’aperto. L’ecoturismo può portare benefici economici alla comunità locale attraverso l’ospitalità, la guida turistica, le attività ricreative e la promozione del territorio.
  4. Servizi ecosistemici: La forestazione contribuisce alla fornitura di servizi ecosistemici fondamentali, come la regolazione idrologica, la conservazione del suolo, la cattura di carbonio e la protezione della biodiversità. Questi servizi possono essere valorizzati attraverso meccanismi di mercato, come i pagamenti per i servizi ambientali, creando un potenziale flusso di entrate per il progetto.
  5. Creazione di posti di lavoro: La gestione delle attività di forestazione, il monitoraggio, la manutenzione e altre operazioni legate al progetto richiedono personale specializzato. La creazione di posti di lavoro nel settore forestale può contribuire alla crescita economica e all’occupazione locale.

È importante sottolineare che l’aspetto economico deve essere bilanciato con la conservazione e la tutela dell’ecosistema. La selvicoltura sostenibile e responsabile è essenziale per garantire la longevità e la resilienza dell’area forestale, evitando impatti negativi sull’ambiente.

A chi è rivolto il progetto e chi sono gli interessati a partecipare.

Gli stakeholder che possono essere coinvolti in un progetto del genere possono essere molteplici e diversificati, inclusi:

  • Proprietari Terrieri (Essenziale per la continuità progettuale)
  • Amministrazioni pubbliche locali e nazionali
  • Organizzazioni ambientaliste e naturalistiche
  • Istituti di ricerca e accademici
  • Comunità locale, residenti e associazioni di quartiere
  • Imprese private e agricoltori
  • Turisti e visitatori
  • Volontari.

La partecipazione e la collaborazione attiva di questi soggetti può contribuire ad aumentare la consapevolezza sull’importanza della forestazione, migliorare l’efficacia del progetto, aumentare la sostenibilità e la continuità delle iniziative, e creare un’ottica di inclusione a livello sociale e culturale.

Forestare la Valle del Sarno. Gli enti che possono fare parte della rete.

Coinvolgimento degli enti pubblici: Gli enti pubblici, come l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente (ARPA) e gli enti locali, hanno un ruolo fondamentale nel supportare questo progetto. L’ARPA può offrire consulenza tecnica, supporto nella valutazione dell’impatto ambientale e contributi finanziari per la realizzazione della forestazione. I Consorzi di Bonifica del territorio sono di fondamentale importanza per l’attuazione del progetto. Le aziende Regionali in House. Le amministrazioni comunali, inoltre, possono fornire supporto logistico, permessi e autorizzazioni necessarie per l’implementazione del progetto.

Partecipazione degli enti privati e delle organizzazioni no-profit: Le organizzazioni ambientaliste possono offrire un prezioso supporto tecnico e consulenza. Inoltre, le imprese forestali specializzate nella piantumazione e nella gestione forestale possono contribuire fornendo servizi a costo ridotto o attraverso partenariati. Le fondazioni e gli istituti di ricerca, dediti alla protezione dell’ambiente, possono offrire consulenza tecnica, ricerca e sostegno finanziario per il progetto.

Coinvolgimento della comunità locale: La partecipazione attiva della comunità locale è fondamentale per il successo di questo progetto di forestazione. Gli abitanti della zona possono offrire volontariato, manodopera e supporto nel monitoraggio e nella gestione a lungo termine dell’area forestale. Inoltre, le scuole possono coinvolgere gli studenti in attività educative legate all’ambiente e alla forestazione, promuovendo una maggiore consapevolezza e responsabilità verso l’ecosistema.


I Costi basati su 1000 mq di terreno agricolo.

La forestazione di 1000 metri quadrati di terreno agricolo in nella Valle del Sarno ad un livello prossimo a quello del mare comporta una serie di costi da considerare. I costi possono variare a seconda delle specifiche esigenze e delle condizioni del terreno, ma di seguito vengono presentati alcuni elementi chiave da considerare nella stima dei costi.

  1. Preparazione del terreno: Prima di avviare il processo di forestazione, potrebbe essere necessario preparare il terreno. Questo potrebbe includere la rimozione di eventuali colture agricole precedenti, la bonifica di eventuali contaminazioni o inquinamenti presenti nel suolo e la pulizia del terreno da detriti e ostacoli.
  2. Acquisto delle piante: Un fattore fondamentale nella forestazione è l’acquisto delle piante. Il costo dipende dal tipo di piante selezionate, inclusa la scelta tra specie autoctone o alloctone. Le piante autoctone tendono ad essere più adattate all’ambiente locale, ma potrebbe essere necessario acquistare anche specie alloctone per raggiungere determinati obiettivi ecologici.
  3. Piantumazione: La piantumazione delle piante richiede manodopera qualificata e attrezzature adeguate. Potrebbe essere necessario assumere lavoratori o specialisti del settore per garantire che le piante vengano correttamente piantate e adattate al terreno.
  4. Manutenzione: Le nuove piante richiedono un adeguato periodo di crescita e sviluppo, durante il quale è essenziale fornire cure adeguate. Ciò può includere l’irrigazione, la potatura, la pulizia delle erbacce e l’applicazione di fertilizzanti o altre sostanze nutritive per favorire la crescita sana delle piante.
  5. Monitoraggio e gestione a lungo termine: Dopo la fase iniziale di piantumazione, è importante monitorare e gestire il sito di forestazione nel lungo periodo. Ciò può comportare l’implementazione di misure di protezione contro incendi, parassiti o malattie, nonché l’adeguamento delle pratiche di gestione in base alle esigenze dell’ecosistema in formazione.
  6. Valutazione e monitoraggio degli effetti: Per valutare l’efficacia del progetto di forestazione, potrebbe essere necessario condurre studi di monitoraggio per rilevare i cambiamenti nell’ecosistema, la biodiversità e la qualità del suolo. Questi studi possono richiedere il coinvolgimento di esperti e professionisti specializzati nel campo ambientale.

È importante sottolineare che i costi possono variare notevolmente in base al territorio di piantumazione, alle condizioni specifiche del terreno e alla complessità dell’ecosistema da ripristinare. Al progetto verranno coinvolti esperti o professionisti del settore per ottenere una valutazione accurata dei costi e dei requisiti specifici per la forestazione partendo da un’area di 1000 metri quadrati di terreno agricolo nella valle del Sarno.

Forestare la Valle del Sarno. Stima economica di spesa su 1000 mq.

Preparazione del terreno:

  • Rimozione delle colture agricole precedenti: I costi possono variare in base alla tipologia di colture presenti e al metodo di rimozione utilizzato. Si stima un costo medio tra 500€ e 1.000€ per l’intera area di 1.000 metri quadrati.
  • Bonifica del suolo: Se il terreno presenta contaminazioni o inquinamenti, potrebbe essere necessario un intervento specifico. I costi possono variare notevolmente in base al tipo e all’estensione della bonifica richiesta. Si stima un costo medio tra 1.000€ e 5.000€, a seconda delle condizioni del terreno.

Acquisto delle piante:

  • Specie autoctone: I costi delle piante autoctone possono variare a seconda delle specie e delle dimensioni delle piante. Si stima un costo medio tra 5€ e 20€ per pianta. Considerando una densità di piantumazione di circa 4-5 piante per metro quadrato, il costo totale potrebbe variare tra 20.000€ e 100.000€.
  • Specie alloctone: Le piante alloctone possono avere un costo simile alle piante autoctone. Tuttavia, è consigliabile consultare esperti per identificare le specie più adatte e valutare i costi specifici.

Piantumazione:

  • Manodopera e attrezzature: I costi per la piantumazione dipendono dalla complessità del terreno, dalla disponibilità di acqua e dall’accessibilità del sito. Si stima un costo medio tra 1.000€ e 3.000€ per la piantumazione di 1.000 metri quadrati.

Manutenzione:

  • Irrigazione: I costi per l’irrigazione dipendono dal sistema di irrigazione utilizzato, dalla disponibilità di acqua e dalla dimensione del sito. Si stima un costo medio tra 500€ e 1.500€ per la fornitura e l’installazione di un sistema di irrigazione.
  • Potatura e controllo delle erbacce: La frequenza e la complessità delle operazioni di potatura e controllo delle erbacce possono variare. Si stima un costo medio tra 500€ e 1.500€ all’anno per la manutenzione dell’area di 1.000 metri quadrati.

Monitoraggio e gestione a lungo termine:

  • Protezione contro incendi e parassiti: I costi per misure di protezione possono variare in base alle caratteristiche del territorio e alle normative locali. Si stima un costo medio tra 1.000€ e 5.000€ per l’implementazione di misure di protezione.
  • Adattamento delle pratiche di gestione: I costi per l’adattamento delle pratiche di gestione dipendono dalle esigenze specifiche dell’ecosistema. Si stima un costo medio tra 500€ e 2.000€ all’anno per la gestione a lungo termine.

Valutazione e monitoraggio degli effetti:

  • Studi di monitoraggio: I costi degli studi di monitoraggio possono variare in base alle specifiche esigenze e alla complessità delle analisi richieste. Si stima un costo medio tra 2.000€ e 10.000€ per un’indagine di monitoraggio completa.
Tenendo conto di questi intervalli di costo, una stima approssimativa per un anno di forestazione potrebbe essere compresa tra 24.000€ e 114.000€

Le Figure professionali per l’avvio preliminare del progetto.

Nel progetto di forestazione della Valle del Sarno, diverse figure tecniche e professionalità sono fondamentali per garantire il successo dell’iniziativa. Di seguito sono elencate alcune delle figure che potrebbero essere coinvolte:

  1. Ecologo: Un ecologo studia gli ecosistemi, le relazioni tra gli organismi viventi e il loro ambiente. La presenza di un ecologo è essenziale per valutare l’ecosistema esistente, identificare le specie autoctone e alloctone da reintrodurre e valutare l’impatto della forestazione sull’habitat.
  2. Agronomo: Un agronomo si occupa della gestione delle colture e delle pratiche agricole. Nel contesto della forestazione, un agronomo può fornire consulenza sulla preparazione del terreno, la scelta delle piante, le tecniche di piantumazione e la gestione dei terreni agricoli circostanti.
  3. Silvicoltore: Un silvicoltore è un esperto nella gestione e nella coltivazione delle foreste. Questa figura professionale può guidare l’implementazione della piantumazione, la scelta delle specie arboree, la gestione della crescita delle piante e la pianificazione della gestione a lungo termine dell’area forestale.
  4. Geologo: Un geologo è responsabile di studiare la composizione del suolo, la sua struttura e la sua stabilità. Nel contesto della forestazione, un geologo può fornire informazioni preziose sulla composizione del suolo della Valle del Sarno e sull’idoneità delle aree per la piantumazione.
  5. Tecnico forestale: Un tecnico forestale è specializzato nella gestione delle risorse forestali. Questa figura può supportare l’organizzazione delle attività sul campo, la supervisione della piantumazione e la gestione delle operazioni di manutenzione e monitoraggio dell’area forestale.
  6. Esperto in idrologia: Un esperto in idrologia può contribuire a valutare l’impatto della forestazione sul sistema idrografico della Valle del Sarno. Questo professionista può analizzare i flussi d’acqua, le falde acquifere e le possibili modifiche all’equilibrio idrologico causate dalla forestazione.
  7. Ingegnere ambientale: Un ingegnere ambientale può essere coinvolto nella progettazione e nella gestione dei sistemi di drenaggio delle acque, nell’analisi dell’impatto ambientale e nella pianificazione delle infrastrutture necessarie per il progetto di forestazione.
  8. Tecnico del monitoraggio ambientale: Un tecnico del monitoraggio ambientale può svolgere il compito di raccogliere dati sulle condizioni dell’ecosistema, misurare gli indicatori di salute delle piante, analizzare l’andamento delle specie animali e fornire un feedback costante sul progresso del progetto.

Oltre a queste figure tecniche, è importante coinvolgere anche personale amministrativo, comunicatori scientifici ed educatori ambientali per la gestione dei permessi, la comunicazione del progetto alla comunità locale e l’educazione sul valore della forestazione e della conservazione dell’ecosistema.


Gli stakeholder interessati a partecipare al progetto possono contattare il Corpo Civico Nazionale delle Sentinelle dei Bacini Idrografici Italiani (CNSBII) attraverso il proprio sito web o via email all’indirizzo info@cnsbii.it. Il CNSBII sarà felice di valutare le richieste di partecipazione e di coinvolgere attivamente la comunità locale e gli altri stakeholder interessati nel progetto di forestazione della Valle del Sarno.

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Il disordine climatico-ambientale dell’Anno 1779



Risposte dal passato per il presente: i disastri climatici e le calamità naturali del XVIII secolo in Italia.

Per conoscere e prevenire i dissesti idrogeologici del presente si rende necessaria la conoscenza non solo degli eventi disastrosi del passato dovuti ai disordini climatici, ma anche del continuum di eventi minori, che si manifestano con le stesse dinamiche e causano danni all’ambiente, all’economia e alla salute. Consultando l’enorme patrimonio documentale archivistico e librario potremo dare risposte attendibili agli eventi climatici del nostro tempo. Nel XVIII secolo, il carattere estremo e la grande variabilità climatica si manifestarono insieme a terremoti, esplosioni vulcaniche, incendi, epidemie e ad altre calamità naturali. In particolar modo, in Italia, l’inverno tra il 1778 e il 1779 diede inizio a uno degli anni tra i più terribili dal punto di vista climatico-ambientale.

Un viaggio nel tempo: ricostruire gli eventi climatico-ambientali del passato per comprendere il presente.

Per la comprensione dei grandi eventi idrogeologici del presente è di fondamentale importanza la ricostruzione storica degli episodi passati attraverso le abbondanti informazioni documentarie conservate negli archivi storici locali, al fine di evidenziare sia gli effetti patiti dai luoghi dove avvengono, sia i fattori influenti del sistema globale. Documenti ufficiali, corrispondenze tra privati, memorie, studi tecnici e riti religiosi con cui si chiede l’intermediazione di tutti i santi affinché piova, o perché si fermi il diluvio o altra calamità in atto, forniscono eccellenti insiemi di dati storico-ambientali di consistenza statistica sul disordine climatico dei secoli passati.

Apprendiamo così che la coesistenza di siccità e inondazioni nel bacino mediterraneo è un fenomeno storicamente noto. Il disordine nelle stagioni è testimoniato dall’enorme patrimonio documentale archivistico e librario, che conferma, già nei secoli scorsi, l’alternanza di periodi di siccità e periodi con qualità opposta, ovvero caratterizzati da piogge alluvionali, spesso accompagnate da inondazioni di fiumi e torrenti, frequentemente di tali intensità da interrompere tragicamente la vita e le attività degli uomini, distruggere raccolti, infrastrutture e interi villaggi.

In Italia, nei secoli XVII e XVIII, lo scambio di informazioni tra gli studiosi del tempo per spiegare i fenomeni climatici favorisce la discussione e il confronto tra fisici, astronomi, naturalisti e medici dando spazio a teorie e tesi, che vengono rese pubbliche grazie anche alla divulgazione della stampa, in un mondo che, anche se non vuole abbandonare superstizioni e credenze popolari, è ormai largamente dominato dal pensiero scientifico. Lo studio dei fenomeni naturali è basato essenzialmente sull’osservazione diretta e/o sulla ricerca storica utile a reperire dati in maniera rigorosa, a classificare ed analizzare. Certamente, non tutti i periodi di siccità sono stati riportati nella storia e, quindi, non tutti sono pervenuti ai posteri.

Descrizione immagine: Completa raccolta di opuscoli, osservazioni e notizie contenute nei giornali astrometeorologici dall’anno 1773 sino all’anno 1798 coll’aggiunta di alcune altre sue produzioni meteorologiche e publicate ed inedite
Volume 2
, Giuseppe Toaldo.
Una regola nella ricerca storico-ambientale per individuare i periodi di siccità: seguire gli anni piovosi.

Allo stesso tempo, gli eventi climatici estremi più distruttivi, generalmente, mettono in ombra nelle notizie di cronaca tutti gli altri eventi minori, seppur devastanti, fino addirittura ad eliminarne la memoria. In ogni caso, come sostiene nel Giornale per l’anno 1780, l’astronomo e meteorologo italiano, accademico di Padova, Giuseppe Toaldo, seguire gli anni piovosi può servire come regola nella ricerca storico-ambientale per individuare i periodi di siccità, e viceversa, poiché “dalle lunghe pioggie non vanno lontani i lunghi asciutti, benché talora non riferiti” (Ragionamento sopra la lunga siccità dell’Inverno 1779). Una sua particolare considerazione sul carattere “eccezionale” dell’inverno del 1779 denota l’atteggiamento dei contemporanei rispetto alle variazioni climatiche per nulla diverso da quello delle attuali generazioni: “è ben vero che questo fu un lungo asciutto, ma siamo soliti ad esagerare le cose presenti, per poco che si scostino dall’ordinario, anzi senza di questo ad ogni momento si ode gli uomini a dolersi; gran caldo, gran freddo, ec. Abbiate dunque, Signori, che stravaganze molto maggiori, come in ogni genere, così in questo dell’asciutto, occorsero nelle generazioni passate.”

Descrizione immagine: “Cronaca de’ lunghi asciutti, e di Fenomeni analoghi” – G. Toaldo, Giornale per l’anno 1780
La lunga e rigorosa catalogazione di eventi climatici estremi di Giuseppe Toaldo.

Attraverso la lunga e rigorosa catalogazione di eventi climatici estremi del Toaldo, apprendiamo che nel 1137 una terribile siccità accadde in Francia, tanto che pozzi e fontane si seccarono. I periodi di siccità possono durare mesi ma anche anni. Per gli anni 1159 e 1160, il Sigonio riferisce (de Regno Italiae, lib. 12) che dall’inizio di maggio fino alla fine di aprile dell’anno seguente, cioè per un anno, in tutta Italia non piovve mai. Talvolta la stagione, secca o umida, calda o fredda, domina per un determinato numero di anni, come avvenne per gli anni siccitosi 1472, 1473, 1474 in diversi paesi d’Europa, in particolare in Olanda e Francia, accompagnati da un caldo insopportabile.

Anche nel 1477 un lungo periodo di siccità portò fame e malattie. La cronaca riporta spesso di incendi accaduti nei lunghi periodi di siccità, come quelli degli anni 1472 e 1137. Nel 1473, sempre il Toaldo scrive che “tanto aridi erano i boschi, che pigliarono fuoco spontaneamente, e questo secco è famoso in tutte le Storie.” Nelle “Costituzioni epidemiche Modenesi”, il Ramazzini scrive che da novembre dell’anno 1690 fino a gennaio del 1691 non piovve e il clima fu estremamente caldo, ma alla fine del mese di gennaio, con il vento di Tramontana arrivò il freddo intenso. Dopo brevi piogge, la primavera fu calda come l’estate e l’estate successiva fu ardente: “non potevano gli uomini, e gli animali più vivere, e molti spezialmente i cani andavano in rabbia; ed una Coorte di altre malattie infestò il popolo; e questo secco, e questo caldo durò sino all’Equinozio di Autunno”. Peggio fu il 1694, 3 anni dopo: da gennaio, tutto l’inverno trascorse senza una goccia d’acqua. Seguirono poche piogge e il caldo estivo durò da aprile per il resto della primavera. Tutta l’estate seguente il caldo divenne intollerabile, fino all’autunno che seguì andamento simile in termini di siccità.

Il XVIII secolo: disordine climatico, terremoti, esplosioni vulcaniche, incendi, epidemie.

In particolar modo, nel XVIII secolo, il carattere estremo e la grande variabilità climatica si manifestarono insieme a terremoti, esplosioni vulcaniche, incendi, epidemie e ad altre calamità naturali. Periodi molto freddi si alternarono ad altri di grande caldo, ricorrendo la contemporaneità di eventi idrogeologici a carattere estremo con altri a impronta opposta. In Friuli diverse furono le inondazioni causate dai fiumi, in particolare dal Tagliamento. La Campania fu flagellata dall’eruzioni del Vesuvio, da alluvioni e colate rapide di fango.

Lo storico Girolamo Ferrari (Notizie Storiche della Lega, 1723) annota per l’anno 1718:“I Posteri dureranno fatica a credere che sieno scorsi novo mesi senza cadere stilla di pioggia, si può dire in tutta l’Europa […]. Seccati i fonti, i ruscelli, ed i minori canali, cercarono gli abitanti l’acqua per molte miglia ne’ fiumi più grossi; ed è accaduto che molti animali bevendo con ingordigia creparono sul luogo; […]”. E nel mese di luglio, nel padovano, “dall’eccessivo ardore dell’aere”, le canne e ogni altro cespuglio presero fuoco. Nell’anno 1755 si soffrì di un’altra grave siccità e il freddo fu così inteso che la laguna di Venezia gelò due volte, annota il Toaldo.

Ma l’inverno tra il 1778 e il 1779 diede inizio a uno degli anni tra i più terribili dal punto di vista climatico-ambientale, in particolare per l’Italia, in cui le diverse calamità naturali si susseguirono e, in determinati luoghi si manifestarono quasi contemporaneamente, sovrapponendo tutto il loro carico di effetti e devastazioni amplificando la loro potenza

L’inverno del 1778-1779: Un anno di calamità climatiche e ambientali senza precedenti che colpì l’Italia e l’Europa.

Sul finire dell’anno 1778, iniziò una lunga siccità per l’Europa intera che si prolungò fino alla primavera del 1779. Insieme alla siccità, il freddo gelido fu paragonabile a quello accaduto nel 1755 e la pressione barometrica si mantenne costantemente elevata molto al di sopra della media altezza, il cielo quasi sempre sereno e la temperatura dell’aria fu molto dolce. Nelle “Memorie e studi idrografici” del Servizio Idrografico, 1923 (Biennio 1921-1922, Volume 2, Ministero dei Lavori Pubblici, Roma, Tipografia del Senato), si legge che dalla metà di dicembre 1778 al mese di maggio 1779 a Milano vi fu una siccità straordinaria (solo 17.5mm di pioggia a fronte dei soliti 353,9mm che cadevano nello stesso intervallo di tempo) mentre a Livorno non cadde una goccia di pioggia. Le paludi a levante e a ponente del fiume di Camaiore, in vicinanze del mare furono disseccate. Sulle coste della Toscana e nel Porto di Genova fu osservato un notevole abbassamento del mare.

Nel Lazio la siccità si estese dai primi di gennaio ai primi di giugno (secondo Toaldo, in realtà, fino a dieci mesi senza pioggia significativa), tanto che nel “Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni” del 1855 (Volume 74), Gaetano Moroni scrive che la grandissima siccità aveva addirittura facilitato in modo singolare i lavori di prosciugamento delle Paludi Pontine e questo fu segno che il Cielo evidentemente favorisse sin dall’inizio la grandiosa impresa di Pio VI.

Nel Parmense la siccità durò quattro mesi, durante i quali i torrenti furono quasi asciutti. “I maggiori fiumi, non che i piccioli ruscelli, ed i fonti, erano così magri d’acqua, che il Pò nel Piemonte, l’Elba in Sassonia, si poteano guadare a cavallo, […] secchi quasi tutti i canali di Venezia”, registra il Toaldo.

Con la siccità sopraggiungono gli incendi e le epidemie.

Il fenomeno fu ovunque in Italia e si temeva una carestia generale, mentre i disastri si moltiplicavano. Con la siccità sopraggiungono gli incendi spontanei e nell’inverno del 1779 ardono lunghi tratti di bosco nei Colli Euganei. Non mancò l’inondazione del Tagliamento, che a Latisana fu disastrosa. Inoltre, da giugno a settembre del 1779 vi furono terribili terremoti a Bologna, afflitta da eventi simili nel 1505, anno in cui si soffrì analoga grande siccità. A Napoli, Portici, Sorrento e Massa, nei mesi di settembre, ottobre e dicembre vi furono scosse di terremoto con molte abitazioni lesionate (Intorno ai mezzi usati dagli antichi per attenuare le disastrose conseguenze dei terremoti, Antonio Favaro, Venezia, 1874).

Il caldo e la siccità prolungata danno luogo ad epidemie e il Cotugno scrive che sul finire dell’anno e dell’incendio del Vesuvio comparvero assai febbri nervinae rheumaticae (Annali delle epidemie occorse in Italia dalle prime memorie fino al 1850, Alfonso Corradi, Parte IV, Dispensa I, Bologna, 1876).

Gaetano DE BOTTIS, “Ragionamento istorico intorno all’eruzione del Vesuvio che cominciò il dì 29 luglio dell’anno 1779 e continuò fino al giorno 15 del seguente mese di agosto, Napoli, Stamperia Reale, 1779”, Tavola II. Incisione su rame. Disegnatore: Pietro FABRIS. Incisore: Francesco GIOMIGNANI.
L’eruzione del Vesuvio del 1779: Un evento climatico-ambientale di impatto devastante e i suoi effetti sulla storia e l’osservazione scientifica.

Nella estate del 1779, infatti, il giorno 29 di luglio, era iniziata anche una violenta eruzione del Vesuvio che continuò fino al 15 di agosto: “per le pietre infuocate, per la rena, per le pomici, e per la cenere, che caddero nelle montagne di Ottajanno, Somma e nelle contigue campagne, ed in quelle della terra di Palma, della Città di Nola, e luoghi vicini ne’ giorni 8, e 11 di Agosto lì restarono gli alberi di diversa specie in tal modo offesi, che comparvero indi, come osservar soglionsi nel cuor dell’inverno; e l’erbe tutte, e le altre tenere piante rimasero parimenti abbattute; ma indi poi dopo pochi giorni gli alberi tornarono verdi e le viti, i peri, i meli, i prugni, i mandorli, ed altri alberi rinverdirono, gemmarono, germogliarono, e in fine fruttarono di nuovo negli offesi campi. Dal mezzo delle pomici sursero delle erbe e delle piante, alcune delle quali fiorirono.” Così racconta il De Bottis, nel “Ragionamento istorico intorno all’eruzione del Vesuvio nel 1779”, inconsapevole che sul finire del secolo il vulcano avrebbe lasciato il segno indelebile di uno dei più devastanti eventi della sua storia eruttiva, l’eruzione del 1794.

Descrizione immagine: Gaetano DE BOTTIS, “Ragionamento istorico intorno all’eruzione del Vesuvio che cominciò il dì 29 luglio dell’anno 1779 e continuò fino al giorno 15 del seguente mese di agosto, Napoli, Stamperia Reale, 1779”

Gli effetti diretti o indiretti delle eruzioni sulle variazioni climatiche globali e locali non sfuggirono agli studiosi del passato. Giuseppe Toaldo, se anche non vedeva correlazioni, prescindendo dalle influenze reciproche degli eventi, rilevò – e come lui tanti altri osservatori del tempo – che nella storia ambientale, negli anni asciutti sempre, o contemporaneamente, o poco prima, o poco dopo, o tutto insieme, si verificano terremoti ed esplosioni vulcaniche. Bisognerà, però, attendere ancora due secoli affinché nel 1979 gli oceanografi americani Henry e Elizabeth Stommel dimostrino che l’eruzione del vulcano Tambora (1815), accaduta nell’arcipelago indonesiano della Sonda, abbia determinato nell’Europa occidentale l’anomalia climatica del 1816, un anno senza estate. Ma questa è un’altra storia.




Dragaggio dei Fiumi: una soluzione controversa per le alluvioni



“Sfida e bilancio. esaminando gli effetti del dragaggio fluviale come strategia anti-alluvione”.


Introduzione.

Dragaggio dei Fiumi. Dopo ogni evento alluvionale, è inevitabile che sorgano polemiche riguardo alla pulizia dei corsi d’acqua. Molti ritengono che “dragare” i fiumi possa aumentare la sezione di deflusso e migliorare l’efficienza idraulica. Tuttavia, è importante considerare gli effetti a lungo termine di queste pratiche. Gli argomenti a favore dell’asportazione dei sedimenti sostengono che possa ridurre il rischio di alluvioni e migliorare la gestione idraulica. Tuttavia, gli studi scientifici dimostrano che queste azioni possono alterare l’equilibrio naturale dei corsi d’acqua e avere conseguenze negative sull’ambiente circostante.

Effetti dell’asportazione dei sedimenti.

Gli studi scientifici condotti da geomorfologi fluviali, ingegneri idraulici e civili hanno dimostrato che l’asportazione dei sedimenti ha effetti significativi sull’equilibrio dei corsi d’acqua. Inizialmente, può sembrare che l’asportazione dei sedimenti aumenti la capacità di deflusso dei fiumi, ma nel corso di alcuni anni, il corso d’acqua tenderà a definire un nuovo profilo di equilibrio. Questo nuovo profilo comporterà un’azione erosiva più intensa sulle sponde, con il rischio di scomparsa del materasso alluvionale presente e il conseguente restringimento dell’alveo stesso. Ciò significa che l’asportazione dei sedimenti può aumentare il rischio di alluvioni a valle, accelerando e concentrando i flussi d’acqua.

Instabilità geomorfologica e rischi associati.

L’asportazione dei sedimenti rende instabile l’equilibrio geomorfologico dei corsi d’acqua, causando un effetto domino su diverse opere di contenimento e mitigazione dell’erosione. Le opere di protezione realizzate lungo le sponde, come scogliere, gabbionate e argini, possono perdere la propria funzionalità a causa delle modifiche indotte dall’asportazione dei sedimenti. Inoltre, l’escavazione del fondo alveo può provocare un aumento locale di pendenza che tende a migrare verso monte, generando erosione regressiva. Questa instabilità può mettere a rischio la stabilità delle opere longitudinali sulle sponde e dei ponti che attraversano i corsi d’acqua.

Implicazioni idrogeologiche e ambientali.

L’abbassamento dell’alveo dovuto all’asportazione dei sedimenti può influenzare l’equilibrio tra acque superficiali e acque sotterranee. Ciò comporta la diminuzione del livello della falda freatica e la captazione ridotta delle acque nei pozzi. Inoltre, l’asportazione dei sedimenti ha effetti sulle aree costiere marine, creando un deficit di trasporto solido che altera l’equilibrio tra l’ingresso delle acque marine e il ripascimento naturale delle spiagge. Di conseguenza, molte aree costiere marine sono soggette a erosione e arretramento.

La necessità di una gestione integrata delle alluvioni.

Per affrontare in modo efficace il problema delle alluvioni, è importante adottare una gestione integrata dei corsi d’acqua. Aumentare la velocità del deflusso o costruire argini in cemento non è sufficiente per mitigare i rischi. È necessario dissipare l’energia delle piene attraverso soluzioni di laminazione, rimuovere piante morte e grandi alberi dagli alvei che potrebbero ostacolare il flusso delle acque. Inoltre, è essenziale adottare misure di conservazione del suolo e delle acque, promuovere la rigenerazione dei sedimenti naturali e ridurre l’impatto delle attività umane sui corsi d’acqua.

Conclusioni.

L’asportazione dei sedimenti dai corsi d’acqua, sebbene possa sembrare una soluzione immediata per migliorare l’efficienza idraulica e ridurre i rischi di alluvione, comporta importanti conseguenze negative. Alterando l’equilibrio geomorfologico e favorendo l’erosione delle sponde, l’asportazione dei sedimenti mette a rischio la stabilità delle opere di contenimento e dei ponti. Inoltre, influisce sull’equilibrio idrogeologico e sull’ambiente costiero marino. Affrontare in modo efficace le alluvioni richiede una gestione integrata e sostenibile dei corsi d’acqua, che tenga conto dell’equilibrio naturale e promuova misure di conservazione e rigenerazione degli ambienti fluviali.

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