Una valle che racconta l’Italia industriale e i suoi silenzi
Il fiume Sacco, che scorre nel cuore del Lazio centrale, è da decenni al centro di una delle più gravi crisi ambientali italiane. Nasce nei pressi di Colle Cera, nel territorio montano a sud di Roma, e attraversa un’area densamente popolata e industrializzata, fino a confluire nel fiume Liri. Ma lungo il suo corso non scorrono soltanto acque superficiali: scorrono anche le conseguenze di decenni di scelte industriali opache, controlli tardivi e risposte istituzionali frammentarie.
Il fiume Sacco è diventato, suo malgrado, il simbolo di un modello produttivo che ha scaricato sull’ambiente il costo del proprio sviluppo. Nel secondo dopoguerra, l’area compresa tra Colleferro, Anagni e Ceccano si è trasformata in un polo chimico e bellico. La concentrazione di impianti come SNIA, BPD e gli stabilimenti farmaceutici ha generato uno scarico progressivo di sostanze tossiche, molte delle quali ancora oggi persistono nel suolo e nelle falde.
β-HCH: il veleno invisibile del fiume Sacco
Tra gli inquinanti più pericolosi riscontrati nel bacino del fiume Sacco vi è il β-HCH, un sottoprodotto del lindano, un pesticida oggi vietato in tutta Europa. La contaminazione è stata scoperta in modo sistematico tra il 2004 e il 2005, ma già dagli anni ‘90 si sospettava la presenza di sostanze pericolose in diversi pozzi agricoli. Il picco dell’emergenza si ebbe tra il 2005 e il 2009, quando furono abbattuti centinaia di capi di bestiame per contaminazione da β-HCH, e il latte prodotto nella valle fu ritirato dal commercio.
Le analisi dell’ARPA Lazio e dell’Istituto Superiore di Sanità confermarono la diffusione del contaminante in tutta la valle del Sacco, coinvolgendo suoli agricoli, sorgenti idriche e falde profonde. Il danno, in alcuni casi, risultò irreversibile, portando alla chiusura di pozzi e alla sospensione di coltivazioni. Ma il disastro ambientale non fu affrontato con la tempestività che la situazione richiedeva.
Il Sito di Interesse Nazionale e i ritardi delle bonifiche
Nel 2005, il territorio del fiume Sacco è stato riconosciuto come Sito di Interesse Nazionale (SIN), rendendo obbligatorio l’intervento dello Stato per le attività di bonifica. Tuttavia, l’iter burocratico, i contenziosi tra enti, i fondi stanziati e poi bloccati, hanno prodotto una paralisi di oltre quindici anni. Le attività di caratterizzazione ambientale si sono susseguite senza generare un reale piano operativo condiviso tra i Comuni e la Regione Lazio.
Solo con l’arrivo dei fondi europei e PNRR si è iniziato a parlare di un nuovo piano di bonifica integrata. Alcuni tratti del fiume Sacco sono stati sottoposti a monitoraggi continui, con centraline e campagne stagionali di campionamento. Ma gli interventi restano disomogenei e poco comprensibili ai cittadini, che spesso scoprono l’inquinamento soltanto quando ne subiscono le conseguenze dirette.
Una crisi che colpisce salute, agricoltura e diritti
Il caso del fiume Sacco non riguarda soltanto l’ambiente: riguarda il diritto alla salute, la fiducia nelle istituzioni, il futuro di intere comunità. L’inquinamento ha inciso profondamente sull’agricoltura locale, sulla qualità della vita, sul valore degli immobili, sulla percezione di insicurezza. Le associazioni territoriali denunciano da anni l’assenza di una cabina di regia trasparente, il mancato coinvolgimento delle popolazioni e l’assenza di dati aggiornati accessibili pubblicamente.
Numerosi studi hanno messo in evidenza anche possibili correlazioni tra l’inquinamento del fiume Sacco e alcune patologie, inclusi disturbi neurologici e malattie oncologiche, sebbene ad oggi manchi una mappatura epidemiologica ufficiale aggiornata e indipendente.
La rinascita del fiume Sacco può partire dalla conoscenza
Parlare del fiume Sacco oggi significa scegliere da che parte stare: o accettare il lento degrado di un territorio, oppure costruire una cultura nuova della vigilanza civica e della partecipazione. Serve rendere pubblici i dati, coinvolgere i giovani, informare i cittadini sulle fonti di rischio e sulle modalità di segnalazione. È questo il compito che enti come il CNSBII e le Sentinelle dei Bacini Idrografici possono assolvere.
Il fiume Sacco non è solo una storia di inquinamento. È il banco di prova di un’Italia che vuole bonificare non solo i suoi terreni, ma anche le sue abitudini istituzionali, l’approccio alla trasparenza e alla giustizia ambientale.


